LE 10 SCUSE CHE T'IMPEDISCONO DI RACCONTARE LA TUA STORIA

Questo blog è nato per sfatare una leggenda. Raccontare storie, e raccontarle bene, non ha nulla a che fare con l'essere bravi a scriverle. Non bisogna avere nessun superpotere particolare per essere un bravo narratore, un efficace "raccontastorie." C'è poi chi vuole fare il salto di qualità, e il bravo narratore si mette in testa di diventare ANCHE un bravo scrittore. Creare un ponte tra queste due province è il Santo Graal che molti si aspettano di trovare dopo anni di pratica, sudore e ricerca.

Scrivere molto spesso è una vera e propria deficienza, uno svantaggio per chiunque voglia comunicare un'idea in modo immediato ed effettivo. Lo so, sembra un controsenso ma provate a rifletterci per un istante. Quando volete scrivere, dovete tenere conto di un milione di cose a cui non pensate affatto quando conversate con qualcuno o semplicemente provate a raccontare una storia. Nelle righe seguenti cercherò di analizzare la differenza tra la scrittura e la narrazione pura e semplice e come fare a trasformare con successo una grande idea in una grande storia imparando a riconoscere gli ostacoli che questa transizione comporta.

La Maledizione della Penna

Ricordo che da piccolo adoravo raccontare storie. Era fantastico. Senza pensare alla trama, alla grammatica, alla strutturazione dei personaggi o allo spessore dei dialoghi (le mie piaghe quotidiane) semplicemente cominciavo a raccontare una vicenda che inventavo frase dopo frase. Non c'era nessuna costrizione, la mia testa sembrava trasformarsi in una fabbrica d'idee che produceva a pieno regime e la stragrande maggioranza delle volte il risultato era interessante, quando non decisamente soddisfacente.

Quando prendete in mano la penna, o vi sedete di fronte alla tastiera, le regole cambiano. Qualcuno di voi potrebbe riconoscersi in uno o più dei seguenti casi:

  1. Questa virgola non va messa qui. È meglio un punto e virgola.
  2. Accorcia questa descrizione.
  3. Questo dialogo potrebbe vincere il premio Oscar della banalità.
  4. Quel personaggio sembra un becchino. Dagli un po' di colore. Aspetta un momento! Non vedi che sembra un clown, adesso?
  5. Ho davvero ripetuto la parola "mentre" sei volte in un paragrafo?
  6. Questo punto e virgola non mi sembra una buona idea, dopotutto. Cambiamolo con un punto.
  7. Ho letto questo pezzo cento volte e ancora trovo dei refusi?
  8. Bernard? Il nome di questo tizio non era Bernal tre pagine fa?
  9. Questa descrizione è pietosa. Stephen King sa fare molto meglio di così.
  10. Cosa ci fa questo punto qui? Questa frase ha chiaramente bisogno di una virgola.

Non preoccupatevi. Siete in buona compagnia. La buona notizia è che Il passaggio dalla buona narrazione alla buona scrittura non è affatto automatico e richiede tempo. Molto tempo. Io, per esempio, mi considero un narratore decente ma un pessimo scrittore. Me la cavo un po' meglio con il genere non-fiction (saggistica) piuttosto che fiction (narrativa vera e proprio) ma ho questa 'maledizione' che mi ha sempre spinto a usare più la seconda.

Ora la cattiva notizia. Il Santo Graal non esiste, così come non esiste lo scrittore perfetto o il modo di scrivere perfetto. Chi di voi ha deciso di fare il balzo dalla narrazione pura e semplice a quella definita e raffinata della scrittura questo lo sa bene. Per tutti gli altri, beh... benvenuti nel club.

Tutto ciò è un bene, ovviamente. È un bene il fatto che non esista una cosa come lo scrittore perfetto. Dopotutto non esistono l'architettura perfetta, o il quadro perfetto, o la sinfonia perfetta, l'abito perfetto o l'acconciatura perfetta. Se queste cose ci fossero davvero, tutti vorrebbero emularle e cosa ne sarebbe del piacere della diversità e della scoperta? A rischio di suonare banale, il mondo è bello perché è vario. Forse è proprio questo ciò che rende il viaggio così interessante, dopotutto. Allora, ripetiamolo ancora una volta. Non esiste una cosa come lo scrittore perfetto. Al massimo, esiste lo scrittore diverso.

Non scherzavo quando dicevo che il felice passaggio dalla provincia della narrazione a quella della scrittura è possibile solo grazie al ponte del tempo e della pratica (e io aggiungo, della sofferenza pura e semplice). Ognuno incontra le proprie bestie nere con le quali deve combattere prima di far uscire un paragrafo decente, ed è la quantità di fogli appallottolati e gettati nel cestino a fare davvero la differenza. Ebbene si. La carta straccia nel vostro cestino racconta una storia che vale la pena ascoltare.

Come qualsiasi altra cosa per cui valga la pena dedicarsi, dunque, aspettatevi molti fallimenti. No, no. Mooolti di più. Gli ostacoli non mancano e non mancheranno mai, ma molto spesso ce n'è uno che falcia più vittime di tutti gli altri messi assieme. Quell'ostacolo sei tu.

La Prova dello Specchio

Ora andate di fronte ad uno specchio, prendete una sedia e uno dei vostri lavori. Sedetevi di fronte allo specchio e cominciate a leggere un pezzo del vostro saggio, articolo, romanzo, presentazione, storia breve, un post particolarmente lungo che volete pubblicare su Facebook o quant'altro. Fatelo ad alta voce. Quando avete finito, guardatevi allo specchio e lasciate che le parole così come le avete lette risuonino nella vostra testa.

Se non lo avete mai fatto vale la pena tentare. Sentire la propria storia piuttosto che leggerla nella propria mente aiuta a darle una forma, una consistenza che molti trovano utile ed interessante, quando non affascinante. La domanda che io mi faccio finita la prova dello specchio è se mi è piaciuto quello che ho sentito. Molte volte mi scopro dare una risposta totalmente diversa da quella che mi sarei aspettato prima. Potreste rimanere piacevolmente sorpresi dal risultato.

Potete ripetere l'esperimento leggendo una porzione maggiore dei vostri lavori, o chiedere a qualcuno di leggerlo per voi ad alta voce.

Superato l'iniziale imbarazzo di leggere a se stessi, questo semplice suggerimento potrebbe darvi un vantaggio inaspettato e contribuire a dare una dimensione nuova ai vostri lavori, specialmente se, dopo averli scritti, cominciate a credere che non ci sia nulla che valga veramente la pena comunicare. Molte volte ripetere i propri lavori ad alta voce contribuisce a dargli un'identità che inspiegabilmente li rende più preziosi e sensati.

La Bestia Nera

Non bisogna andare molto lontano per capire quale sia il problema maggiore di chi aspira a costruire il famoso ponte di cui stavamo parlando. Riprendete lo specchio di poco prima e guardate alla persona che vi restituisce lo sguardo. Paura, pigrizia, insicurezza e ozio sono i vostri più grandi nemici. Io, che frequento tutti e quattro, li chiamo molto più semplicemente "scuse."

Alcune delle più ricorrenti, a mio avviso, sono:

  1. Non ho nessuna idea che valga la pena scrivere.
  2. Nessuno pubblicherà mai il mio lavoro.
  3. Non ho viaggiato, quindi non posso scrivere di cose che non ho visto in maniera credibile.
  4. Faccio troppi errori grammaticali.
  5. Non mi piace leggere o leggo poco.
  6. Scrivo solo per me stesso.
  7. Se qualcuno legge quello che scrivo, mi rendo ridicolo.
  8. Non ho tempo.
  9. Non ho l'età.
  10. Lo faccio domani.

Prima o poi chi si avventura nella giungla fatta di libri ed inchiostro di trova ad affrontare uno o più di questi ostacoli. Come evitarli? Non si può, fanno parte del gioco e sono lì per farvi capire quanto davvero volete attraversare quel ponte, fatto di fallimenti, notti insonni, penne consumate e carta straccia. Esistono per mettervi alla prova, per forzarvi davanti ad un bivio. Sulla sinistra leggi un grosso "Rinuncia", sulla destra "Continua il viaggio". Potete stare certi che quest'ultima è la via meno battuta. Alla fine varcare quel ponte dipende solo da voi e da cosa siete disposti a dare per arrivare dall'altra parte.

Questo blog racconta il viaggio di uno dei viandanti che ha deviato a destra, e ha trovato qualcosa che vale la pena raccontare.

Domanda: Tornando alle scuse. Le mie preferite sono la prima è l'ultima. Quali sono le tue e cosa fai di solito per liberartene? Fammi sapere nei commenti!

(Originariamente pubblicato su MicheleAmitrani.com)