I 10 MODI PER UCCIDERE UNO SCRITTORE (E COME FARLO RESUSCITARE)
/Ammettetelo. La vostra storia non si scriverà mai da sola. Tutti i servizi di print-on-demand, editing, cover support, marketing e social media sbandierati ai quattro venti da un sempre più nutrito gruppo di scrittori indipendenti possono far sembrare le cose molto semplici. Troppo semplici. La verità è un sussurro annegato nella banalità e nel sensazionalismo. Vero, non è mai stato così facile per una persona pubblicare indipendentemente, senza una casa editrice piccola o grande alle spalle. Ma nessun parto dell'era dell'informazione, strategia di marketing, passaparola o gadget tecnologico potrà darvi un'idea dell'unico vero motivo per cui, dopotutto, pubblicare un buon libro continua a rimane un'eccezione.
Sangue, Acqua e Vomito
Il blogger a scrittore Jeff Goins disse che "scrivere è semplice, ma non è facile". Questa frase ci fa capire due cose: la prima è che la scrittura è una cosa che tutti possono fare. La seconda è che non tutti sono disposti a dedicarcisi. Vorrebbero, ma non lo fanno. Noi italiani lo abbiamo detto prima e meglio del famoso blogger statunitense. Ricordate il popolare adagio "tra dire e il fare..."
La frase di Jeff presa singolarmente ci dice in realtà ben poco. Pratica ed esercizio sono ovviamente una parte della risposta ma non l'unica, e nemmeno la più scontata. Non so voi, ma quando si tratta di raccontare una storia molte volte mi sento come se dovessi vomitare. No, non è mai successo davvero ma ci sono andato vicino. Perché? Domanda complicata. È difficile descriverlo, ma formattare un'idea in un libro è un po' come trattenere dell'acqua con le mani. Può essere frustrante.
Non sono l'unico a pensarla così. Altri scrittori hanno riportato questa sensazione in modi diversi, come "sedersi e dissanguarsi" ("There is nothing to writing. All you do is sit down at a typewriter and bleed."― Ernest Hemingway). Penso che anche questa citazione renda bene l'idea. Provate a scrivere un romanzo di 150.000 parole, o della metà, per quel che conta. Essere "bravi" a scrivere non vuol dire necessariamente non avere problemi durante il processo, o ripensamenti, o esitazioni. Un raccontastorie è un essere umano, dopotutto. Ci sono giorni, quando è circondato da materiale e appunti, magari soffocato da aspettative, da scadenze, senza neppure sapere come andrà a finire quella benedetta storia in cui si guarda allo specchio e si chiede: ma chi me lo ha fatto fare?
Benvenuto nella Tua Storia
Mark Twain disse che "Scrivere è facile. Devi solo eliminare le parole sbagliate." È un consiglio utile, ma prima di arrivare a quel punto lo scrittore deve combattere e vincere una battaglia che non ha limite né quartiere. Una battaglia con se stesso.
In un post precedente ho elencato quelli che erano secondo me i dieci motivi che frustravano le aspettative di un raccontastorie, che lo spingevano a mollare o neppure a tentare di iniziare la prima pagina. Oggi voglio esplorarli uno a uno e capire con voi perché, dopotutto, anche loro hanno una parte in qualsiasi storia che valga la pena raccontare.
I Dieci No
- Non ho nessuna idea che valga la pena scrivere. Nell'esatto momento in cui sto scrivendo queste righe, mi assale la consapevolezza di non avere nulla da aggiungere al mondo di consigli che chiunque può trovare sul web. Pensateci, dopotutto sto parlando di qualcosa che è stata ripetuta più volte di una battuta sconcia. Voglio dire, deve esserci un numero incalcolabile di persone più erudite, intelligenti, esperte e più qualificate di me che hanno scritto centinaia di volte su come migliorare il proprio stile di scrittura, su come raccontare una storia in modo avvincente o su come affrontare i propri limiti. Che cosa ho da aggiungere io che tutti gli altri non hanno già detto meglio e prima di me? Stai sprecando il tuo tempo, comincia ad insinuarsi una voce nella mia testa. Smetti di presumere troppo e impara a essere umile. Un grado più o meno grande di insicurezza assale chiunque, e noi raccontastorie non ne siamo certo immuni. La brutta notizia è che fa parte del gioco, è inclusa nel pacchetto e dovremo imparare a conviverci. La buona notizia è che dipende da noi se dargli peso o meno. Ricordate, quanto scrivete, voi siete dei messaggeri e la vostra storia è il messaggio. A mio avviso sarebbe peccare di presunzione pensare che la vostra idea non abbia il diritto di esistere, di essere valutata. Diffondetela e non preoccupatevi troppo. A criticarla ci penseranno gli altri.
- Nessuno pubblicherà mai il mio lavoro. Nell'ultimo decennio nel campo dell'editoria è avvenuta una rivoluzione. Molti scrittori non se ne sono neppure resi conto. Per chi non lo sapesse, prendete una sedia e sedetevi. La notizia potrebbe sorprendervi. Se volete pubblicare la vostra storia, oggi lo potete fare in pantofole e pigiama stando sbracati sul letto di casa. No, non è l'editoria a pagamento. Questo servizio piuttosto recente viene comunemente definito self-publishing. Il nuovo venuto costa esattamente quanto siete disposti a spendere, né più, né meno. Conosco persone che hanno pagato centinaia di euro per essere aiutate nel processo, altre, come me, hanno fatto da sole. Il Costo? Luce, Internet e una generosa dose di pazienza. Nel mio caso, sommo anche la spesa di una quantità non precisata di snack al cioccolato, che hanno aiutato nel processo.
- Non ho viaggiato, quindi non posso scrivere di cose che non ho visto in maniera credibile. Certo, tutti noi ammettiamo che se Tolkien non avesse vissuto per un ragionevole periodo di tempo nella Terra di Mezzo i suoi hobbit, elfi e Gran Burrone sarebbero apparsi decisamente forzati e artificiosi. Lo stesso vale per la scuola di battaglia a gravità zero di Orson Scott Card, il pianeta Trantor del ciclo della fondazione di Asimov, Hogwarts, la scuola di magia della Rowling, il continente Westeros di Martin, e chi più ne ha più ne metta. Viaggiare arricchisce sicuramente, ma non è certo un requisito fondamentale nel bagaglio di un raccontastorie. Gli autori sopraccitati hanno creato universi vasti, ricchi e credibili, ma se controllate la loro biografia, nessuno di loro ha mai compiuto il giro del mondo. C'è modo e modo di viaggiare. Uno di quelli più spesso sottovalutati consiste nel sedersi sul divano e aprire la prima pagina di un libro.
- Faccio troppi errori grammaticali. Mi dispiace deludervi, ma non siete speciali. Fare errori grammaticali accomuna tutti. È una piaga che attacca chiunque. Se poi per voi gli "errori grammaticali" corrispondono a "refusi", allora la famiglia si allarga ancora di più. Ho letto libri pubblicati da rinomate case editrici (italiane e non) con errori imbarazzanti a dir poco. Dovete certamente aspirare al miglioramento costante ed esercitarvi quotidianamente ma non potete pretendere la perfezione. Come disse la mia prof. di filosofia, non è una cosa di questo mondo.
- Non mi piace leggere o leggo poco. Se state leggendo questo post dubito che il punto vi riguardi ma sono d'accordo con voi per quanto riguarda la seconda parte, "leggo poco". Tutti noi dovremmo leggere qualcosa (di più) ogni giorno. Dopotutto, non si finisce mai di imparare o, come sintetizzò l'immenso Asimov, "l'educazione non è qualcosa che potete finire."
- Scrivo solo per me stesso. È certamente possibile scrivere solo per se stessi. Scrivere un diario o un'agenda personale, tenere a mente esperienze o ricordi che volete rimangano privati. Molte persone, tuttavia, scrivono per essere lette e usano la scusa della "scrittura privata" per mentire e se stessi. Michael Hyatt, un autore che ha scalato due volte la classifica dei best sellers del New York Times, ripete spesso che "si scrive per essere letti". La scrittura è un modo per esprimersi, dopotutto. Chiedete a voi stessi se vorreste un pubblico, che sia piccolo o grande non ha alcuna importanza. Ve lo dice qualcuno che ha scritto 170.000 parole per il piacere di una sola persona.
- Se qualcuno legge quello che scrivo, mi rendo ridicolo. Capisco. Siete una di quelle persone che vanno cercando l'approvazione universale e incondizionata. Anche voi prendete una sedia e mettetevi comodi: aspetterete un bel po' di tempo. La prova? Andate su Amazon o su GoodReads e controllate la media dei voti di un qualsiasi libro. Quante cinque stelle su cinque vedete? Molti non saranno d'accordo con quello che scriverete o nel modo in cui lo scriverete. Altri saranno gelosi e vi giudicheranno in base alla loro inadeguatezza. Altri ancora cercheranno di farvi credere che siete dei presuntuosi o dei gonfiati. Potrei andare avanti per molto, ma che bisogno c'è? Derek Halpern ha già chiarito questo punto molto meglio di quanto io potrei mai fare. Quando qualcuno gli chiese come comportarsi con i troll che lo assediavano (persone critiche a prescindere del contenuto), molto semplicemente lui rispose: "Appendo sul muro di casa tutte le email che cercano di spezzarmi, per ricordarmi che devo averne di più". Se qualcuno si prende il disturbo di criticare quello che dite, prendetelo come un complimento. Vuol dire che avete lasciato un segno.
- Non ho tempo. Davvero? Se il candidato alla Casa Bianca e il Papa hanno trovato il tempo per scrivere dei libri, non vedo perché tu non possa farlo.
- Non ho l'età. L'età è un concetto relativo. Mai sentito dire: "si può essere vecchi senza essere maturi?" Vedetela in questo modo: la vostra età vi rende unici. Imparate a vederla per quello che è: un dono, non una maledizione. Usatela per creare una storia di cui sarete fieri.
- Lo faccio domani. Procrastinare è il motivo peggiore a causa del quale un aspirante raccontastorie fallisce, la ragione principale per cui il suo lavoro non vede la luce, o non vede la luce nel modo in cui avrebbe voluto. Questa è la scusa apparentemente più innocua ma che in realtà falcia più vittime. Rimandare al domani quello che potreste fare oggi è il modo più triste di sacrificare la vostra creatività sull'altare della rassegnazione e dell'inadeguatezza. Non perdete di vista l'obiettivo. Visualizzate la vostra storia come volete che sia e non dubitate delle vostre capacità. Ci saranno abbastanza persone che si occuperanno di quella parte per voi.
Dopotutto penso che i "Dieci No" non siano una malattia da curare, ma una lingua aliena da decifrare con la speranza che un giorno, quando meno lo aspettiamo, sotto la sabbia troveremo la nostra Stele di Rosetta. Quando il dubbio inevitabilmente ci assalirà, meglio pensare al saggio consiglio di Desiderius Erasmus, che disse: "Il desiderio di scrivere cresce scrivendo".
E iniziare così la prima pagina.
Domanda: Aggiungeresti altro alla lista dei Dieci no? Fammi sapere nei commenti!
(Originariamente pubblicato su MicheleAmitrani.com)